venerdì 14 ottobre 2011

- Dai retta a un cretino... - No, oggi no.

Vorrei dire due parole su una nuova iniziativa che è apparsa pochi giorni fa sul web, ossia The Breakfast Review, sito interessante che recensisce posti dove fare colazione. L'ho conosciuto perché seguo da tempo il blog di Simone che l'ha segnalato, visto che si tratta di una sua creazione (insieme a Ilaria Mazzarotta e Laura Comoglio).
Un paio di cose prima di iniziare: seguo da anni il blog di Simone perché mi interessa, mi diverte, perché mi trovo spesso d'accordo con quel che dice e perché è una persona che mi pare avere a cuore una serie di cose che stanno a cuore anche a me, da una certa incazzatura, dalla voglia di essere invasi da Sua Maestà, e non ultima una smisurata passione per i Beatles. Non sono un suo amico, l'ho visto una volta sola in una Feltrinelli milanese e mi ha fatto un gran piacere ma, insomma, non abbiamo un rapporto stretto, non scrivo questo post perché lo conosco, questo voglio dire.
Seconda cosa: questo blog farà 3 visitatori ogni centoventi anni per cui non è certo un post pubblicato per far girare la voce, perché sarebbe un'arma assai spuntata.
Il motivo per cui scrivo questo post, in realtà, non è nemmeno quello di fare una "recensione del sito che recensisce", visto, soprattutto, che questo non sarebbe nemmeno nella "linea" (ammesso che ci sia) di questo blog, linea che mi obbliga a selezionare molto e a scrivere poco.
In conclusione il motivo per cui mi metto a scrivere questo articolo è perché ho letto alcuni commenti al sito in questione e ancora una volta mi è saltata la mosca al naso per la capacità pazzesca (credo, in una spinta esterofila, di poterla definire tutta nostra, ma forse non è vero) di riuscire a criticare partendo dal presupposto: "la persona che sto criticando è, evidentemente, un cretino".
E qui entriamo finalmente nel merito, si parla di TBR ma possiamo far finta che si parli di qualunque altra cosa.

Alcune cose del linguaggio di TBR pare abbiano destato voglia di aprir bocca. La pagina contatti più di tutto il resto. Frasette acide, toni del cacchio. Eppure, direi, non è forse vero che la pagina contatti meriterebbe più testi del genere e meno "ti prego scrivimi, sono qui quando vuoi, non farò altro che aspettare le tue lettere (piene di suggerimenti inutili di roba che ho già pensato, ragionato e scartato)"? E mica perché la gente scriva per forza roba inutile, ma soprattutto perché il più delle volte scrive cose che non sono realizzabili, sono già state pensate e non rientrano nel budget, insomma non sa di cosa si sta parlando e, mentre non lo sa e scrive, ingolfa caselle di posta che possono contenere anche qualcosa di interessante. Spulciare quelle mail è un lavoro.
A mio modo di vedere scoraggiare un po' la comunicazione di istinto è una cosa giusta, anche per un'impresa che si rivolge al pubblico in modo decisamente aperto come un sito del genere.
La rete (in particolare, ma anche gli autobus e i bar) è piena di suggerimenti gratuiti irrealizzabili e inutili. E non parlo solo del cosiddetto "bimbominkia" che vuole il procio più potente. Parlo del medico 35enne magari bravissimo nel suo mestiere (e che si imbestialirebbe se gli suggerissi come fare una certa cosa che lui conosce benissimo) che non si risparmia dal pubblicare un commento pieno di livore sull'uscita dell'ultimo prodotto tecnologico che poteva contenere chissà quali features, pretendendo che un'intero reparto marketing, ricercatori, manager, VP, gente che fa quel mestiere, non abbiano avuto la sua stessa idea. Questo poi è ancora più evidente con marchi che hanno strategie di marketing ben definite, come Apple, aziende che sembrano sapere perfettamente dove stanno andando. La maggior parte delle volte c'è un motivo se una certa feature non è stata inserita, e spesso è perché quelle persone lì, sai com'è, sanno fare il loro mestiere.
Allo stesso identico modo mi piacerebbe dire ai commentatori sarcastici dello stand-up e sit-down di The Breakfast Review che probabilmente, anzi sicuramente, c'è un motivo se una persona che fa il mestiere che fa (o meglio quello che più o meno ho capito faccia), come Simone,  sceglie insieme ai propri compagni di ventura un linguaggio piuttosto che un altro. Non è detto che gli piaccia, non è detto che sia il suo (magari si, ma non è quello il punto), ma - direi - sicuramente vuole che questo sia familiare al target che si è prefissato di raggiungere, oppure trova che sia il modo giusto di dire una certa cosa, perché veloce, semplice, diretto. Certa gente ha bisogno di quello e chi si occupa di certe cose, semplicemente, lo sa. Poi magari si sbaglia (non è che non si facciano errori, anche sulle cose di base), ma anche in questo caso c'è tono e tono.
Mi piacerebbe, e questo vale per tutti, anche per me, che si facesse spazio una visione un po' più "laica" delle cose, senza partire lancia in resta, ma semplicemente porsi una domanda: "perché quest'azienda/persona ha fatto questa scelta? Sono sicuro di saperne più di lei/lui/loro?", perché nella formazione di una nuova iniziativa imprenditoriale (così ritorniamo un po' nel tema) le critiche sono importanti, se non fondamentali. Ma si faccia il piacere di partire dal presupposto che ci sia un minimo di preparazione al prodotto che si immette sul mercato, perché altrimenti vuol dire che si pensa che chi c'è dietro quel prodotto sia un dilettante (che ci stia simpatico o meno, magari un simpatico dilettante) e non è detto che sia così. Magari però si dibatte da professionisti, fra professionisti. In quel caso c'è anche un discorso di stima professionale, però. Se so che quello è il suo mestiere e ha scelto quel genere di linguaggio, posso, per favore, partire dal presupposto che magari s'è fatto una ricerchina, prima, ha capito che cosa doveva fare, prima, s'è un minimo documentato, prima? E che magari io, professionista come lui, non avendo lavorato a quel progetto, non sia allo stesso modo preparato?
Una migliore qualità delle critiche vuol dire anche un prodotto migliore, una critica più circostanziata vuol dire crescita per quella azienda, per quella iniziativa. Vuol dire che potrebbe non esserci più alcun bisogno di una pagina contatti scritta in quel modo.
Non so, leggendo quei commenti sarcastici mi è presa la solita incazzatura: ma è possibile che debba essere sempre così?
Linguaggio, logo, tono di voce, sono le basi per chi si occupa di un certo mestiere. Ma è possibile che ci sia sempre qualcuno che ne sa più degli altri? Poi uno se ne sbatte e si fa una risata, ma - seriamente - un atteggiamento di questo tipo fa cadere le braccia, e fa passare la voglia di fare le cose.
Pensiamoci un po', la prossima volta, a migliorare la qualità delle critiche. Poi quando sarà il nostro turno nell'affacciarci sul mercato potremmo trovare un mercato migliore. Per il momento in bocca al lupo a Simone e compagne per il nuovo prodotto.

(poi ci sta che tutto questo abbia fatto girare un po' il nome del sito, e in tal caso ben venga).

giovedì 6 ottobre 2011

...and the pursuit of happiness

È da stamattina che provo a buttar giù pensieri.
In realtà riesco solo a leggere pensieri di altri, persone che l'hanno conosciuto, che hanno avuto modo di avere a che fare con lui, davvero.
Poi mi sento anche un po' imbecille, perché questa cosa mi ha colpito e mi ha colpito profondamente, eppure quella persona non l'ho mai incontrata.
Quanto sono ingiuste queste situazioni lo sappiamo perfettamente.
Io non sono una persona dai facili entusiasmi, sul serio. Con Apple la storia è stata lunga e tormentata. L'ho odiata, per un periodo della mia vita, ma da più di dieci anni uso con un computer (e mille altri aggeggi) con una mela stampata sopra e quello che ho sempre detto in giro quando mi hanno chiesto perché non è mai stato lo slogan di una campagna di marketing o un senso di appartenenza. Sostanzialmente è perché faccio le cose prima e le faccio meglio.
Però è indubbio dire che quando si assiste ad una evoluzione per un po' di tempo, e questa evoluzione la maneggi giorno dopo giorno sui prodotti che acquisti (e si, diventa anche un po' una mania), c'è un qualcosa come un senso di appartenenza.
Anni fa un blogger scriveva che "prima" quando due persone con un mac si incrociavano in una biblioteca spesso si finiva a parlare, si era in pochi, così pochi che la comunità era davvero ristretta, e avevi voglia di conoscerla tutta. Poi con l'iPod è cambiato tutto, si era in tanti, e quel senso di appartenenza si era un po' diluito, ed era meno divertente.
Per quanto mi riguarda Apple e in generale la figura di Steve Jobs, che negli anni ho studiato, per quanto possibile, leggendo parecchi libri e guardando e riguardando i keynote, sono stati parte della mia vita e parte della mia crescita, anche professionale.
Non so se è possibile avere un mentore che non hai mai incontrato, e comunque i risultati della mia vita non sono sufficienti per poter dire che Jobs sia stato un mentore.
Fossi miliardario e avessi realizzato qualcosa di più forse lo direi.
Ma il punto vero è che prima con le sue macchine e poi con il modo di concepire il fare impresa Jobs effettivamente ha tracciato una strada, e l'ha tracciata anche dentro me.
È per questo che oggi, sorprendendomi anche un poco, di nascosto e senza dirlo in giro, mi sono anche scappate delle lacrime. Perché penso a quanto avrebbe potuto ancora insegnarmi e insegnarci e innovare. Ha quanto ha dato e potrebbe dare.
E oggi più che mai ritengo stonate, davvero tinte di un colore meschino le battutine tipo "chi ci farà comprare prodotti inutili e costosi, ora?", spesso dette e ripetute anche da gente che stimo.
Perché, al di là del marketing, del campo di distorsione della realtà, dell'iPhone e tutto il resto chi financo oggi non percepisce la grandiosità dell'uomo beh forse dovrebbe interrogarsi un po' sulla propria protervia.
Il mondo della tecnologia è parte del nostro mondo, oggi, e se lo è è anche e soprattutto grazie a lui. L'aver avuto una visione del mondo di un certo tipo, l'aver capito dove sarebbe andato il mondo e l'averci permesso di arrivarci prima.
L'iPod è meno sexy di un lp, su questo non c'è dubbio, ma è probabilmente comunque più sexy di qualunque altra cosa oggi poteva essere al suo posto. E nel mondo di oggi c'è posto per l'iPod e per un LP. Per un dispositivo magico come l'iPad e per un libro.
Ha amato ripetere anche recentemente che Apple per come lui l'ha vista ha saputo mettersi all'incrocio fra le arti liberali e la tecnologia, e questa capacità e questa grandezza non è stata replicata da nessuna delle aziende concorrenti, sia che queste venissero dall'uno o dall'altro campo. La lezione di Apple e di Jobs, forse per sua fortuna, è rimasta inascoltata dalla maggior parte se non da tutte le aziende del settore, e ancora oggi ci chiediamo come sia possibile che ci siano settori di un mercato - vedi gli editori - che nonostante l'esperienza ancora non abbiano capito dove andrà il mondo e invece di anticiparlo, e di iniziare a guadagnare prima, siano lì a cercare di fermare il mare con una paletta di plastica.
Per tutto questo e per una quantità enorme di altre cose quell'uomo lì e quello che ha prodotto e ha fatto oggi è ricordato da una tale quantità di persone come fosse un presidente americano autore di una rivoluzione.
E probabilmente molti di loro, senza saper nulla se non uno "stay hungry and stay foolish" non sanno della sua grandezza. Non sanno che quell'uomo più piccolo di me è stato cacciato dall'azienda che ha fondato, e che - milionario - si è rimesso in gioco dall'inizio.
Non sanno di Pixar, non sanno degli screzi, non sanno della vita che ha vissuto.
Ma va bene così.
Si, era una rockstar, ed era una signora rockstar. Si era un inventore, un genio, un visionario, si ha fatto anche arte nel suo modo di guidare un'azienda, come solo lui ha saputo fare, con dei prodotti unici al mondo, mai imitati, progettati (e non solo nell'estetica, ma in tutto il possibile) intorno all'utente. E si, sapeva vendere, ma dov'è il problema in questo? Mica truffava la gente, vendeva cose. Creava falsi bisogni? Ma perfavore.
Io credo, e lo credo sinceramente, che chiunque oggi voglia fare o faccia impresa, si scontri con l'immagine di questo genio imponente sopra di lui.
Io credo che chiunque sia fuori dagli USA fatichi molto a misurarsi con questo genio qua.
Io credo che ci sia una enorme lezione da imparare di fronte a quest'uomo, e non è che sia necessario ma passata l'onda dell'emozione e del dispiacere, solo la storia ci dirà quanto grande fosse quest'uomo.
Io vorrei solo, e anche solo per oggi, che chi non ha mai capito, percepito, saputo comprendere la sua grandezza per oggi tacesse. Non dico loro di cambiare idea, chiedo loro solo di tacere, se volete per rispetto o per qualunque altra fottutissima motivazione vostra. State un po' zitti. Avrete tempo per fare battute e per dire stronzate, avrete anche tempo per capire di non essere nel giusto con il vostro veteromarxismo finto e peloso.
Altri di noi oggi stanno male, perché hanno perso una guida, un mentore, un signore che vendeva e realizzava splendidi giocattoli (si, anche quello, ebbene?), che ha saputo fare impresa e realizzare in quindici anni quello che nessuno nessuno nessuno al mondo avrebbe potuto, e che ha tracciato per loro una strada, che magari vorrebbero e non possono seguire.
Se non per Mr Jobs di cui vi sentite tanto nemici tacete per i vostri amici.
Comunque sia, ci mancherà, e a me mancherà parecchio, posso solo immaginare chi ha lavorato con lui.

P.S. la storia di Jobs è fondamentalmente americana, propriamente americana, unicamente americana. Lo so, lo sappiamo tutti. Ma è la miglior rappresentazione del titolo di questo blog.